Nel 1923 Crescenzago veniva aggregato al Comune di Milano, ma le tracce del “paese” sono arrivate, anche se un po’ sbiadite, fino ai giorni nostri. Il ricordo di un “crescenzaghese” doc ci aiuta a riportarle alla memoria.
C’era una volta… no, un momento, c’è ancora Crescenzago: solo che da 100 anni non è più paese ma fa parte della grande città di Milano. I nati in quell’anno 1923 sono stati gli ultimi ad aver annotato sulla carta d’identità “nato a Crescenzago” e mio papà Giovanni Legnazzi era uno di quelli.
In quell’unica ed antica chiesa di Santa Maria Rossa furono battezzati quell’anno ben 195 neonati, 91 femmine e 104 maschi. Molti di loro continuarono a vivere qui e sarebbero diventati genitori, nonni o zii di tanti abitanti del quartiere che man mano si sarebbe sviluppato tra la zona più centrale attorno alla attuale via Padova e quella più popolare e operaia venutasi a creare al di qua del naviglio: ”gio’ del punt”, modo di dire che etichettava i residenti di via Adriano e limitrofe tra cui via San Mamete, che finiva in mezzo ai campi verso Sesto e i cui abitanti – quando venivano verso via Adriano – dicevano che andavano in Paese. Non dimentichiamo infatti che se l’Asilo infantile, l’ufficio postale, il botteghino del Lotto e i Carabinieri erano sull’asse di via Padova, servita dal tram per chi doveva raggiungere Milano o la Stazione Centrale, nel breve tratto tra piazza Costantino e via Brambilla c’era tutto quello che serviva per vivere: sul ponte la farmacia e il prestinaio dinanzi la sede del Comune di allora (e per un certo periodo anche la scuola era in quei locali); poi, a seguire, la rivendita di Sale e Tabacchi, parrucchiere, negozio di scarpe, due ortolani, il macellaio, due drogherie, due mercerie-tessuti, una latteria, un elettricista, un cartolaio con edicola, due salumerie, un mobiliere, un altro prestinaio, un bar, tre osterie-trattorie di cui due con giardino per il gioco bocce. Altri negozi in via San Mamete, Via Meucci e Del Ricordo completavano ulteriormente l’offerta.
All’epoca c’era un’unica occasione in cui tutti, ma proprio tutti gli abitanti della zona – circa 300 erano i cognomi dei nuclei familiari ricorrenti all’epoca, spesso omonimi e/o imparentati tra loro – si potevano incontrare, rivedere e scambiare qualche parola: questa occasione era data dalla celebrazione dell’Ufficio per tutti i Defunti di Crescenzago, che la tradizione faceva cadere nella terza domenica di Quaresima.
La Chiesa era addobbata a lutto e lunghi teli neri cingevano le colonne e la facciata; all’interno un catafalco delle dimensioni di una vera cassa funebre stava lì a ricordare tutte le persone defunte e i fedeli potevano, fino alla giornata di lunedì, sostare per una preghiera di suffragio, mentre la domenica era tutto un via vai di persone che andavano coi fiori a fare una visita alle tombe dei loro cari sepolti – fino al 1964 – nel Cimitero di Via Del Ricordo.
E poi? Cosa succedeva?
E poi, tutti sulla via Padova, dove già dal primo mattino di domenica le bancarelle dei venditori ambulanti occupavano tutto il lato destro a partire dal ponte sul Naviglio fino allo spazio erboso di via Vittorelli, dove oggi si tiene il mercato del mercoledì e dove varie attrazioni da Luna Park antiche e moderne – visto che vennero fin verso la fine dello scorso millennio – aspettavano grandi e piccini: autoscontro, go kart, dischi volanti, le gabbie, la giostra a catene o “calcinculo”, il muro della morte con le motociclette… e ancora: baracconi con le “donne siamesi”, l’astronauta in assenza di gravità, il condannato sulla sedia elettrica, il tiro a segno, il tunnel della paura, la giostrina per bambini con giro gratis per chi staccava la coda del pupazzo appeso e talvolta il tendone di qualche Circo.
Si era circondati da luci e colori, dalla musica diffusa dagli altoparlanti delle giostre e dal profumo delle dolci frittelle e della “Manna” (impasto a base di zucchero caramellato) dello zucchero filato; inoltre non mancavano i filoni di castagne secche infilzate una dietro l’altra, tipo collana floreale hawaiana, e poi tutte le altre bancarelle con i loro prodotti, giocattoli, casalinghi, quadri, vasi, stoffe, uccellini in gabbia, pesciolini rossi…
Era in questo contesto da festa paesana che si potevano incontrare tutti gli abitanti della zona, che per un raggio di circa due chilometri dal ponte facevano parte dell’allora Crescenzago. Anche gli ex paesi di Lambrate, Gorla e Precotto divennero parte della periferia della grande Milano.
Ecco, volevo solo rendervi partecipi di questo semplice ricordo da ”C’era una volta”, fatto di immagini, suoni, profumi e volti di persone che ci hanno accompagnato nella nostra vita.
Viva Crescenzago e i suoi abitanti vecchi e nuovi e un caro saluto a tutti da parte mia, un ex ragazzo della via Gherini.
Danilo Legnazzi