Dall’omelia dell’Arcivescovo Mario Delpini durante la Santa Messa in occasione della Visita Pastorale di sabato 8 ottobre 2022.
1. “Alzati, va’ a Sarepta di Sidone”.
Elia, il profeta, deve andarsene dalla terra di Israele, deve andare in un paese straniero. Con la sua predicazione, la sua polemica contro Acab, il re prepotente e idolatra, e contro sua moglie Gezabele, si èreso impopolare, si è attirato l’ostilità di quelli che contano.
Gesù ha fatto riferimento a questa vicenda di Elia per rimproverare i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo: gli stranieri sono accoglienti e invocano la parola di Gesù, le autorità del popolo di Dio sono ostili e contestano e respingono la sua predicazione. L’impressione è che si possa descrivere anche così la presenza della Chiesa nella città. Il suo messaggio è antipatico, le sue insistenze sono impopolari, il suo linguaggio è poco comprensibile, la prospettiva di dare la vita per il servizio alla Chiesa non è attraente, il mondo va da un’altra parte. A Milano e in genere nel nostro territorio i cristiani non sono perseguitati o cacciati via, come è capitato a Elia e come capita in molte parti del mondo. Piuttosto sono resi insignificanti: li circonda l’indifferenza, la distrazione. Altre cose sono più attraenti e le folle si radunano altrove, non in chiesa, non in oratorio.
2. La Visita Pastorale
In questo contesto di esuberanza di attività e di racconto un po’ grigio celebriamo la visita pastorale.
La visita pastorale è l’occasione per il vescovo per incontrare ogni comunità e dire: “voi mi state a cuore, io sento responsabilità per voi”. Ma ora si compie nella semplicità di un incontro fraterno: voi mi siete cari. Normalmente la sollecitudine per le diverse comunità è espressa attraverso i preti, i diaconi, gli operatori che ricevono dal vescovo il mandato. Ma oggi sono venuto di persona per dirvi: voi mi state a cuore!
La visita pastorale è anche il momento per dire a ogni comunità parrocchiale e locale: “voi fate parte della Diocesi. La Chiesa non è realizzata nella singola parrocchia, ma nella comunità diocesana, nella sua articolazione decanale. Ogni parrocchia trae vantaggio dalla pastorale di insieme con le parrocchie che si organizzano per diventare comunità pastorale e per la pastorale di insieme a livello decanale, in questo decanato che si è evoluto, che si è ampliato e che si dovrà articolare. Ogni comunità pastorale, ogni parrocchia e decanato traggono vantaggio dal riferimento alla Diocesi, alle proposte, agli eventi, ai calendari diocesani per condividere lo slancio missionario, le priorità pastorali, la sollecitudine per tutte le Chiese. E la Diocesi ha bisogno di ogni parrocchia, si arricchisce di ogni esperienza e competenza locali”.
La visita pastorale è l’occasione per ascoltare la Parola di Dio e interpretarla come messaggio per noi, oggi.
3. La Chiesa un segno per la città
Nel contesto di una città in cui il messaggio del Vangelo risulta insignificante e la presenza della Chiesa irrilevante o anche antipatica, come siamo chiamati ad abitare, a vivere, a operare noi discepoli di Gesù?
La Parola annunciata nella lettera agli Ebrei ci indica alcuni tratti irrinunciabili.
Non ti lascerò e non ti abbandonerò: la fiducia in Dio. Il Signore è mio aiuto e non avrò paura: la fiducia. I discepoli del Signore confidano in Lui. Trovano in Gesù la loro serenità e il criterio della loro missione. Non dipendono dal consenso popolare, ma dalla missione ricevuta.
La vostra condotta: scelte di vita che sono parole di Vangelo per la città. Confidando in Dio i discepoli praticano uno stile di vita che li rende originali. Vorrebbero semplicemente essere coerenti. In realtà sono sorprendenti. La lettera agli Ebrei mette in evidenza tre aspetti dell’originalità cristiana.
Il matrimonio: la vita di coppia, la vita di famiglia è il dono che i discepoli di Gesù offrono alla città per il suo presente e per il suo futuro. La fragilità dei rapporti, la disgregazione delle famiglie che il mondo incoraggia come un progresso, che si giustifica come un diritto alla felicità individuale è uno dei principi di infelicità del nostro tempo. I cristiani sono originali: credono che si debba mantenere la parola data, credono che la fedeltà matrimoniale sia un valore promettente e si propongono di rispettare il matrimonio.
La sollecitudine per i tribolati: i cristiani praticano la carità, si prendono cura di coloro che non hanno casa, non hanno diritti. Si distinguono perché praticano l’ospitalità, si ricordano dei carcerati, di quelli che sono maltrattati. La pratica della carità che Gesù propone con il modello del “buon samaritano” caratterizza le nostre comunità e ha anche bisogno di essere custodita e di evolvere per adeguarsi ai nuovi bisogni, ai nuovi poveri e di superare la logica “assistenziale”, per essere ispirata a una logica promozionale.
La speranza invincibile. I discepoli di Gesù vivono nella speranza, perché Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre (Eb 13,8). Mentre sembra che nella mentalità contemporanea sia ritenuto ovvia la destinazione a finire nel nulla, i discepoli di Gesù riconoscono il valore del presente perché credono nel futuro, nel Regno di Dio, nella signoria di Gesù sul passato, il presente, il compimento.
Si potrebbe dire che la parola annunciata in questa celebrazione offre alcuni tratti irrinunciabili dell’”umanesimo cristiano”:
- La centralità e santità della famiglia, costruita sulla fiducia in Dio.
- La pratica della carità, nella fiducia in Dio.
- La speranza invincibile, per la fiducia in Dio.